di Tommaso Nannicini
Il Pd è arrivato a prendere posizione sul referendum in una direzione molto tardiva e abbastanza inutile. Tardiva perché il referendum c’è da gennaio e il Covid non è il motivo vero del rinvio della direzione a soli 13 giorni dal voto, casomai sarebbe stato un motivo per non cedere ai 5Stelle sull’accorpamento con le regionali, per permettere ai nostri connazionali all’estero di votare, cosa che per molti sarà impossibile, e per consentire al Pd di votare in Parlamento i correttivi costituzionali di cui ancora non si vede ombra.
E abbastanza inutile perché nel frattempo dirigenti e militanti si sono espressi per il Sì o per il No senza aspettare i nostri bizantinismi, dimostrando una grande voglia di fare politica e di discutere su come si cambia la Costituzione.
Una voglia a cui le forzature a poche settimane dal voto non danno valore. E non si dica che il taglio stava nell’accordo di governo perché quell’accordo non è mai stata una cambiale in bianco ai populisti e conteneva tante altre cose che non sono mai state fatte, tra cui la revisione dei decreti Salvini e i correttivi costituzionali al taglio lineare alla rappresentanza politica.
Tra l’altro la direzione si è conclusa con la presentazione di un odg sul referendum ancora meno rispettoso del pluralismo interno di quanto non lo fosse stata la relazione del segretario.